Scuole. Si avvii da subito un confronto con le parti sociali a livello territoriale

E’ certamente apprezzabile il richiamo, nel discorso del Presidente del Consiglio Draghi al Senato, al ruolo fondamentale dell’istruzione e della formazione da una lato per il contrasto alle disuguaglianze culturali e sociali ed economiche che la pandemia ha paurosamente aumentato e dall’altro per garantire “coesione sociale e territoriale” oltre che “inclusione sociale e … politiche attive del lavoro”. Tanto da porre tra le priorità dell’azione di Governo interventi tesi a garantire il recupero del gap formativo generato dalla pandemia soprattutto per quegli studenti che non hanno avuto accesso alla didattica a distanza e, nello stesso tempo, “investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale”, per “disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo”.

Tuttavia, sono opportune alcune riflessioni che stentano a trovare attenzione anche nello stesso intervento del Presidente Draghi.

La prima è che la pandemia e il ricorso alla didattica a distanza o a quella integrata ha necessariamente modificato il modo di lavorare dei docenti, rendendolo non già più semplice, come considerato nella ‘vulgata ‘ comune, ma più complesso sia sul piano metodologico che dell’articolazione dei contenuti del processo educativo, senza trascurare la necessità di continuare a mantenere vivo, in mutate condizioni rispetto alla didattica in presenza, il senso di comunità educativa.
A parte il riconoscimento che sarebbe dovuto per ‘la fatica’ di reinventarsi un lavoro così delicato ed importante, spesso ricorrendo a mezzi propri e all’autoformazione. Probabilmente non sarà sufficiente “investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni così come “costruire sull’esperienza di didattica a distanza maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l’impiego di strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza”, senza un adeguato riconoscimento anche contrattuale di questa mutata condizione professionale.

La seconda riflessione riguarda il difficile compito dei Dirigenti scolastici, chiamati a rivedere continuamente e repentinamente l’organizzazione delle attività scolastiche a seguito di Decreti nazionali e Ordinanze regionali emanate all’ultim’ora, spesso in contraddizione tra loro. Peraltro, in un contesto in cui era posta in continua discussione l’autonomia scolastica e il ruolo degli organi collegiali, senza che il sistema sanitario fosse in grado di seguire di pari passo le più volte richiamate necessità di supportare adeguatamente il ritorno in presenza degli studenti (medicina scolastica, TOSS, tracciamento, prevenzione, ecc.).

Eppure il senso di responsabilità che anche i Dirigenti scolastici hanno dimostrato in questa lunga fase pandemica, li ha portati ad affrontare con ‘pazienza’ e dignità professionale una situazione di ‘emergenza nell’emergenza’ dovuta alle disfunzioni decisionali e organizzative di sistemi altri (sanitario, dei trasporti, politico più in generale).

Di questo bisognerà tenere conto nel tentativo che il Ministro dell’Istruzione Bianchi dovrà mettere in campo per definire il piano che risponda all’esigenza di “tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie” e di “”recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà”, così come di “rivedere il disegno del percorso scolastico annuale”, allineando “il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia”, per un “ritorno a scuola … in sicurezza”.
Quindi necessario il confronto con le Organizzazioni Sindacali nazionali, ma anche territoriali. Perché quel piano non potrà non prevedere adeguati e coerenti piani territoriali sanitario e dei trasporti oltre che probabilmente logistico.

Attualmente, infatti, l’ipotesi di prolungamento dell’anno scolastico mal si coniuga sia con le difficoltà create dalla logistica della quasi totalità degli edifici scolastici oltre che dalla situazione legata alla pandemia che non sarà molto difforme da quella attuale, in considerazione del fatto che non sarà conclusa la campagna vaccinale e i dati della nostra provincia non migliorano.
E’ opportuno che si avvii da subito un confronto con le parti sociali a livello territoriale, senza aspettare l’ultim’ora, per valutare possibili soluzioni, condivise e non calate dall’alto, che tengano conto del diritto all’istruzione di tutti gli studenti e le studentesse che va contemperato con i diritti dei lavoratori della scuola, dei trasporti, della sanità, nell’alveo di una responsabilità collettiva.

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